giovedì 5 gennaio 2017

Se ne va un'altro mito: EZIO PASCUTTI

Ezio Pascutti sta dentro un’ iconografia arcinota: un nugolo di gol dentro una nuvola d’ira. Ma quella nuvola, con la sua aneddotica gonfia di giornate e giacchette nere, pesa bassa sulle sue imprese e smarrisce i contorni di cifre che sono da capogiro. Perchè quella “chierica” impertinente che protestava con gli arbitri e gli avversari, che il pubblico beccava con l’acrimonia che solo una massa anonima sa avere, ha segnato in campionato 130 reti senza rigori.
Il gol nel sangue. Ezio Pascutti ce l’aveva, ma non gli è bastato, non gli è bastato per farsi ricordare come lui desiderava, come ogni calciatore sogna. Un attaccante efficace come pochi altri sotto rete, coraggioso, combattivo, sgusciante al quale è stato disegnato addosso un vestito brutto e stretto, con su scritto: “cattivo”. Sarà stato per quel pugno minacciato a Dubinski in Nazionale, espulsione e ludibrio pubblico, sarà stato per quel suo modo di giocare aggressivo e rabbioso, quando la critica lo voleva leggiadro ed etereo, ma alla fine Ezio è diventato il “cattivo”, un marchio di fabbrica, la fabbrica calcio, che l’ha accompagnato ingiustamente per tanti, troppi anni.
Nato a Mortegliano, provincia di Udine, l’1-6-1937, si fa notare nella Snia Torviscosa per la corrente elettrica che l’attraversa appena scende in campo e per quel suo continuo correre e segnare.
È Gipo Viani che lo porta sotto le Due Torri per tre milioni e mezzo dell’epoca, era il 1954 ed Ezio Pascutti sbarca a Bologna insieme al compagno di squadra Leskovic, anche lui friulano, prematuramente scomparso. Sarà un caso, ma Leskovic è la prima etichetta che viene affibbiata al bomber rossoblù: “Chi? Pascutti? Sì, quello che stava insieme al povero Leskovic”. Come se essere compagni di squadra e d’avventura fosse un reato. Tant’è…
L’esordio in Serie A Pascutti lo fa a diciotto anni, il primo giorno dell’anno ’56, Vicenza-Bologna 2-3. Rossoblu in vantaggio di un gol, tiro di Pivatelli deviato sul palo da Sentimenti IV, pallone che ritorna verso il centro raccolto di testa da Pascutti. Gol del raddoppio. Il primo d’una lunghissima, strepitosa serie. Viani aveva visto lungo. Ezio a fine stagione colleziona 18 presenze e 11 gol, niente male per un ragazzino al primo campionato. Gipo lascia, ma il “monello” di Mortegliano (altra etichetta), pronto, secondo Civolani, a far baruffa e a prendersela col mondo intero, resta. Sbaglia gol fatti, e viene criticato per le scarse doti tecniche, però capisce al volo dove andrà a cadere il pallone e lo capisce prima degli altri, prima dei difensori. “E vero – ricorda – sbagliavo i gol facili. Una volta con l’Udinese, in Coppa Italia, stavamo 2-2 e mancavano tre minuti alla fine. Vinicio va sul fondo e mette in mezzo. Colpisco sicuro da tre metri e mando alto. Quante me ne disse Vinicio. Supplementari e io fremevo perchè alle 5 avevo il battesimo di mia figlia. Rigori. Dico: “Tiro io il primo, così vado subito sotto la doccia”. Rincorsa, sbagliato, eliminati. Capitavano anche giornate così“.
Gioca d’intuito, d’anticipo e la mette dentro con regolarità impressionante. Segna gol bellissimi in acrobazia, non si risparmia e si butta nelle mischie con coraggio leonino. Non basta. Non basta a una parte della tifoseria e della critica che continuano a tartassarlo con quel vezzo ipocrita di chi vuole vedere il bel gioco, costi quel che costi, bel gioco e giocatori straripanti classe senza i quali non si può vivere a Bologna, salvo poi vincere grazie a quelli come Pascutti che la buttano nel sacco. È così che, con “Fuffo” Bernardini in panchina, il Bologna vince la Mitropa Cup nel ’62 e lo scudetto nel ’64, allo spareggio con l’Inter.
In Nazionale Fabbri stravede per lui e per fargli posto fa fuori gente come Corso e Riva. Il destino, proprio un infortunio di Ezio Pascutti spalancherà a “Rombo di tuono” le porte della maglia azzurra. Prende parte alle sfortunate spedizioni mondiali del 1962 in Cile e del 1966 in Inghilterra. Lo spartiacque ha una data ben precisa: 13 ottobre 1963. L’Italia gioca a Mosca gli ottavi di finale degli Europei. Pascutti viene sgambettato da Dubinski, si alza e gli mostra il pugno, sceneggiata, espulsione. L’Italia intera ce l’ha con lui, l’Urss vince 2-0, di Roma ci condanna.
Questo il suo, appassionato, racconto: “Urss Italia, sto andando in gol, Dubinski da dietro mi colpisce alla gamba operata, io mi alzo, gli metto le mani al collo e gli do una spinta. Espulso. All’inizio fu quasi una comica. L’ arbitro polacco mostrava due dita, come a dire: l’11 deve uscire. Maldini, che era il capitano, aveva perso la testa e fraintese: “Vedi il segno che fa? Ti ha espulso solo per due minuti”. Io ero conciato talmente male, quasi in trance, che davvero aspettai due minuti a fianco del c.t. prima di fare il giro dello stadio mentre in centomila fischiavano. Entrai da solo negli spogliatoi, mi misi a piangere cosi’ forte che cadevo sotto la doccia. Avevo intuito il seguito. Perchè quella non era solo una partita. Era la prima sfida Urss Italia, con noi erano venuti dieci parlamentari. La stampa mi inchiodò : “Vergogna”. Anche Brera, che dopo i due gol di Vienna all’Austria aveva scritto che ero l’ala sinistra più forte del mondo, chiese una punizione. Sul volo di ritorno mi misero in prima classe coi parlamentari, per evitare contatti coi giornalisti: nessuno mi rivolse la parola, solo un senatore comunista di Reggio mi fece coraggio, mi pare si chiamasse Ferioli. L’Uefa non mi squalificò, la federazione invece, pressata da politici e giornalisti, mi inflisse tre mesi di sospensione. A me non dissero nulla, ma a casa trovai mia moglie che piangeva, aveva sentito la notizia alla Tv
Forse in pochi pensarono che i sovietici erano campioni in carica e pochi ricordano che arrivarono in finale, perdendo 2-1 contro la Spagna di Luis Suarez. Il dato è tratto. Quel suo modo rabbioso di giocare, per tirare fuori dalle viscere una forza sconosciuta che gli permetteva d’essere il migliore sotto porta, quel cazzotto finto (o vero, ancora oggi non si sa con certezza) l’hanno marchiato a fuoco come “cattivo”, marchio che da allora non si è più scrollato di dosso. In Nazionale è tornato, rimettendoci gambe e menischi, i suoi anni migliori, ma alla fine saranno solamente 17 le presenze e 8 i gol. Sono tante le botte che prende in campo per essere sempre lì, per fare gol, per prendere la palla prima degli avversari, botte che lo segnano e lo costringono a girare col gambone rigido. Come in Nazionale, anche nel Bologna deve smettere presto, il fisico a forza di scontri è logoro e appena trentenne deve lasciare, schiumante rabbia, quella vera e quella agonistica. Lui che avrebbe potuto, altrimenti, e voluto giocare ancora, a quei tempi chi era integro e forte poteva farlo.

Resta a Bologna e inizia subito ad allenare: a Pesaro, a Lugo, a Sassuolo, a Russi, ancora a Sassuolo dove nell’80 salva la squadra andando a vincere contro l’Ospitaletto di Maifredi. Tante partite e tante squalifiche per i suoi battibecchi con gli arbitri. Torna in rossoblù nell’85, fa l’osservatore ma per poco. Ritorna nel 1996 e porta a Bologna Binotto, Rinaldi, Ingesson, Ventola. Quando il ginocchio non gli da fastidio lo si vede ancora girare per le vie del centro, lui, buono come il pane, avvelenato da quel marchio: cattivo. Lui che nel ’62-63 fece impazzire Bologna segnando 12 gol in 10 domeniche consecutive (record poi battuto da Batistuta), ancora schiuma rabbia per un’etichetta ingiusta, lui bomber operaio che è assurto al paradiso del calcio grazie a quella foto che lo immortala in tuffo, mentre supera Burgnich e tutte le maldicenze.
storie di calcio.altervista.org


venerdì 15 luglio 2016

quanto era forte...quanto era str...!

«Nagy è bravo ma io non lo dirò»

L’ex campione: «Amo ancora i rossoblù. E li guardo sempre»


BOLOGNA - Diceva Carletto Mazzone che se uno nasce tondo non muore quadrato. Vi ricordate Lajos Detari? Noi lo abbiamo conosciuto e frequentato, aveva addosso un talento infinito eppure spesso sul campo spesso lo disperdeva, non riuscendo a essere costruttivo. Casteldebole in quei tempi era un luogo aperto, parlavi con i giocatori, ti facevi un’idea anche sull’uomo. Detari era uno spasso 6 giorni su 7 per quello che diceva, «fai casino e sarai sempre rispettato, io sono il più forte di tutti, guardali, sui miei piedi cantano gli angeli», poi di colpo arrivava quello dispari e dovevi stargli lontano, perché potevi anche essere insultato senza motivo.
Nella domenica di Messina- Bologna 0-1, gol di Turkyilmaz, alla fine della partita con una frase Detari fece scoppiare un pandemonio, sì, quella domenica la ricordiamo come se fosse oggi, eppure era il 9 febbraio del ’92, «quel gol l’ho sbagliato apposta». Apriti cielo, quel pensiero di Lajos fece il giro del mondo, nessuno mai lo aveva detto prima. E nessuno lo ha più detto fino a oggi.
Ieri abbiamo telefonato a Lajos, non lo sentivamo dal suo addio a Bologna, per un paio di minuti ci siamo divertiti a rivivere insieme alcuni di quei momenti, ma appena gli abbiamo chiesto di Adam Nagy ecco che di colpo quella frase di Mazzone è tornata nei nostri pensieri. Perché? Leggete qua. Lajos, hai visto che a Bologna arriverà Nagy? «Ho visto, ma io non parlo di lui, non voglio fargli pubblicità, perché dovrei fargliela?». Come non parli di Nagy, cosa ti ha fatto, almeno che è un buon giocatore potrai dirlo. «Non mi ha fatto nulla, è un buon giocatore ma non gli faccio pubblicità, non essendo né il suo allenatore né il suo manager». È ancora lui, ma vai a sapere se abbiamo beccato uno di quei suoi giorni dispari dei tempi del Bologna.
Altra domanda: cosa stai facendo oggi? «Sono fuori dal calcio, dopo aver allenato il Ferencvaros nel 2013 ho detto basta e quando uno è fuori deve stare zitto e non fare commenti. Sto bene, tutti i giorni mi alzo, faccio il mio dovere e soprattutto quello che voglio. Sono ancora legato all’Italia e a Bologna, Bologna è ancora nella mia testa, guardo sempre tutte le partite del vostro campionato, ma non mi piace parlarne, non mi serve, non mi porta niente ». Chiede di Casteldebole, ricorda alcuni giocatori di quel suo Bologna, dà l’impressione che finalmente voglia raccontarci chi è Nagy. Ritentiamo: Lajos tu che lo conosci bene ritieni che Nagy possa sfondare in Italia? «No, no, non dico niente, ho già parlato anche troppo. E ora ciao, ti saluto».

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Claudio Beneforti corriere bo

giovedì 12 novembre 2015

IL CIELO CAPOVOLTO

Poco piu' di un Anno fa eravamo in mano ad un presidente che rischiava di non iscrivere la squadra in serie B,ora comanda un grande industriale italo-canadese,persona affidabile e conosciuta nel mondo.
A dirigere la parte sportiva un grande Menager come Fenucci ,come d.s. un certo sig. Corvino
La combriccola del "non ci sono i scioldi" e del "ricco non scemo",con albano e zanetti sembra entri nella virtus...

IL CIELO CAPOVOLTO!

                                                                                                                                                                    Dopo una vita di chiacchere il nostro immenso proprietario ha dato via ai lavori;pulizia generale,nuovi seggiolini,nuovi spazi ...IL CIELO CAPOVOLTO!      

 "non ci sono uomini di calcio" questa la frase che
solo poco tempo fa sentivamo:ora nel bfc oltre all'esperienza del Mister abbiamo:Marco Di Vaio,Renato Olive,Bortolazzi....

IL CIELO CAPOVOLTO!


Giaccherini torna in Nazionale e Ferrari e Masina in Under 21...dopo quanto tempo?!? non ricordo

IL CIELO CAPOVOLTO!

venerdì 4 settembre 2015

Ciao Santa!

In maniera veloce e incredibile
Santa ha lasciato questa terra e la sua splendida famiglia.
Non ci sono parole.
Ciao Leone!

mercoledì 12 agosto 2015

Ciao Bomberissimo!

Bologna, 12 agosto 2015 - Il Bologna perde un altro eroe dello scudetto del ’64. Si è spento all’età di 73 anniHarald Nielsen, l’indimenticato ‘Dondolo’, capocannoniere con 21 gol proprio nella stagione dell’ultimo tricolore, con tanto di rete nello spareggio del 7 giugno a Roma contro l’Inter 
“Il Bologna e il mondo del calcio perdono uno dei loro Campioni più storici e rappresentativi”, recita una nota sul sito del Bfc che riporta i numeri dell’attaccante definito un “centravanti micidiale”: 182 presenze e 104 reti con la maglia rossoblù.
L’attaccante, nativo di Frederikshavn, piccola cittadina all’estremo nord della Danimarca, ha giocato per il Bologna dal 1961 al 1967. “Robusto e rapido attaccante - si legge sul sito -, ha contribuito coi suoi gol a grappoli, segnati in tutte le maniere, da autentico opportunista in una meravigliosa coppia con Ezio Pascutti, alla conquista del titolo tricolore con Fulvio Bernardini allenatore, nel giugno 1964, divenendo una delle icone senza tempo del mondo rossoblù”. In particolare, nella fortunata stagione 1963-64 si è laureato capocannoniere della Serie A con 21 centri, più il sigillo del raddoppio con l’Inter il 7 giugno nello spareggio conclusivo. Si tratta di un pezzo fra i più pregiati del Bfc che ora ci lascia.
"Il Bologna partecipa commosso al dolore dei cari di Harald, Campione vero. Con lui se ne va un altro pezzo della nostra famiglia rossoblù, che dopo Giacomo, Carlo ed Helmut piange anche il suo indimenticato Dondolo".

(resto del carlino)

giovedì 11 giugno 2015

SERIE A !

un miracolo,un vero miracolo sportivo.all'inizio dei play-off in pochi ci credevano e facevano la faccetta.Siamo arrivati stanchi ma anche gli avversari erano al nostro livello,con piu' gamba forse,ma con meno esperienza.Certo era tutta da giocare ma le nostre possibilita' c'erano eccome! Per me gia' felice del passaggio di proprieta' contava poco lo spettacolo,questa e' ancora una squadra nata dal genio del male di zola predosa e la prova vera per la nuova proprieta' sarebbe stato il prossimo Anno anche se fossimo rimasti in B.Era quindi per me logico accompagnare il bfc in queste battute decisive.
In finale in casa e' stata una partita da infarto ,dopo il gol di Sansone (eroe di questi play-off) ,sempre lui sta' per raddoppiare e far iniziare la festa ma il minuto seguente cambia il mondo:gol di pasquato! poi imbaye o come cacchio si scrive si fa cacciare e facciamo un catenaccio Anni 70' da infarto,penso che a momenti arrivi il gol della nostra fine...invece veniamo risarciti di tutta la sofferenza passata con guaraldi ad aspettare di fallire,a tutte le partite in cui pure sei andato ma con quel fastidioso ciccione che ti premeva nel sedere! un po' di culo si MA STRAMERITATO!
s